Luglio 9, 2021

Contagio Covid al lavoro: gli adempimenti per il Datore di lavoro

L’emergenza Covid-19 ha spinto il Governo ad intervenire sulla questione della tutela dei lavoratori rispetto al rischio di contagio, imponendo  al datore di lavoro specifici adempimenti riguardanti la sicurezza dei luoghi di lavoro. 

L'inosservanza delle norme per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus Covid-19 negli ambienti di lavoro pone il problema della configurabilità di una responsabilità civile e penale del datore di lavoro.

Salute e sicurezza dei lavoratori nel luogo di lavoro: normativa di riferimento

La normativa nazionale di riferimento è il D. Lgs. n. 81/2008 (T.U. Salute e Sicurezza sul lavoro) il quale coordina, all’interno di un unico testo, tutte le norme in materia di salute e di sicurezza dei lavoratori nel luogo di lavoro e stabilisce una serie di interventi da osservare per il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori.

Il datore di lavoro risponde della mancata osservanza delle norme a tutela dell'integrità fisica dei prestatori di lavoro in quanto titolare di una posizione di garanzia che discende in primo luogo dall’art. 2087 c.c..

Inseguito all’emergenza Covid il Governo è intervenuto in materia di diritto del lavoro, introducendo misure di contrasto all’emergenza Covid-19.

L’art. 42 comma 2 del c.d. Cura Italia (D.L. n. 18 del 17 marzo 2020, convertito in legge con modificazioni dalla legge 24 aprile 2020 n. 27) ha infatti esteso l’ambito di applicazione soggettivo delle tutele INAIL di cui al D.P.R. n. 1124/1965 a favore del lavoratore colpito dall’infezione, al ricorrere di tutte le circostanze a tal fine previste. La disposizione, ha stabilito che il Covid-19 può essere considerata una malattie infettive e che rientra nell’ambito di copertura Inail per gli assicurati che la contraggono “in occasione di lavoro”.

L’articolo 2, comma 6, del DPCM 26 aprile 2020  ha previsto a carico tutte le imprese che non hanno sospeso la propria attività di osservare il “protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus Covid-19 negli ambienti di lavoro” sottoscritto dal Governo e dalle parti sociali ed aggiornato lo scorso 24 aprile 2020”.

A tal fine...

Il datore di lavoro deve adempiere ai seguenti obblighi

  • fornire adeguata informazione ai propri dipendenti, attraverso le modalità più idonee ed efficaci, circa le disposizioni delle Autorità;
  • prevedere una seria di misure relative alla protezione individuale, alla igiene e sanificazione dei luoghi di lavoro (mettendo anche a disposizione dei lavoratori erogatori di disinfettante);
  • provvedere alla rilevazione della temperatura all’interno dei luoghi di lavoro.

Oltre a sono previste regole relative alla gestione di eventuali persone sintomatiche e sulla sorveglianza sanitaria.

Covid e sicurezza: la responsabilità del datore di lavoro

La semplice mancata osservanza di una delle norme sopra richiamate può far sorgere a carico del datore di lavoro una responsabilità penale, nel caso in cui un dipendente affermi di aver contratto la malattia (anche rimanendo asintomatico) sul luogo di lavoro.

Ciò accade perché il datore di lavoro assume una posizione di garanzia, essendo obbligato appunto a garantire la sicurezza dei luoghi di lavori e dei propri dipendenti.

Nel caso in cui si diffonda il Covid tra i lavoratori, è possibile affermare la responsabilità del datore di lavoro ai sensi dell’art. 2087 c.c., se si dimostra che abbia violato, con dolo o colpa, le misure di contenimento del rischio di contagio di cui ai protocolli o alle linee guida regionali e nazionali

Il datore di lavoro che non osserva le prescrizioni previste in tema di prevenzione dal contagio da Covid, è punibile ai sensi dell'art. 40 c 2 c.p., il quale stabilisce che “non impedire un evento che si ha l'obbligo giuridico di impedire equivale a cagionarlo”. 

In altre parole, la condotta omissiva del datore di lavoro che non ha adottato le misure necessarie ad impedire la diffusione del Covid all'interno della sua azienda equivale ad aver cagionato il contagio, ovvero l’evento dannoso.

Nello specifico, il datore di lavoro risponde del reato di lesioni di cui all’art. 590 c.p. (salvo ipotesi di malattia lieve, guaribile in meno di 40 giorni, procedibile a querela), oppure di omicidio colposo ai sensi dell’art. 589 c.p. qualora al contagio sia seguita la morte, oltre alla circostanza aggravante della violazione delle norme antinfortunistiche (art. 590, comma 3, c.p.).

Per quanto concerne quest'ultima aggravante, nei delitti colposi derivanti da infortunio sul lavoro, non occorre che siano violate norme specifiche dettate per prevenire infortuni sul lavoro, essendo sufficiente che l’evento dannoso si sia verificato a causa della violazione dell’art. 2087 c.c. che impone all’imprenditore di adottare tutte le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei lavoratori.

Per quanto riguarda, poi, l'onere della prova, la circolare n. 13/2020 dell'Inail chiarisce che in linea generale “nell’attuale situazione pandemica, l’ambito della tutela riguarda innanzitutto gli operatori sanitari esposti a un elevato rischio di contagio, aggravato fino a diventare specifico. Per tali operatori vige, quindi, la presunzione semplice di origine professionale, considerata appunto la elevatissima probabilità che gli operatori sanitari vengano a contatto con il nuovo coronavirus”.

Quale tutela per i lavoratori?

sicurezza e covidTutti i lavoratori assicurati Inail del settore pubblico e privato, che abbiano contratto il contagio da Covid-19, in occasione di lavoro, , dunque, hanno diritto all’indennità Inail, visto che l’infezione Covid-19 è considerata a tutti gli effetti infortunio sul lavoro.

Il lavoratore, inoltre, può agire contro il datore di lavoro, per il risarcimento del cosiddetto “danno differenziale” (dato appunto dalla differenza tra quanto versato dall’Inail a titolo di indennizzo per infortunio sul lavoro e quanto dovuto, appunto, a titolo di risarcimento del pregiudizio subito per effetto della responsabilità del datore di lavoro). 

Per poter ottenere il risarcimento del danno, però, il lavoratore deve fornire:

  • la prova del danno biologico;
  • la prova della violazione, per colpa o dolo, da parte del datore di lavoro, dell’obbligo di adozione di misure idonee per la tutela della salute dei lavoratori e, più precisamente, della violazione delle linee guida e dei protocolli previsti a livello nazionale – regionale, nonché del protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del Covid-19 negli ambienti di lavoro, sottoscritto il 24 aprile 2020 tra il Governo e le parti sociali, e successive (consultabile cliccando qui);
  • la prova del nesso causale tra il danno biologico e la responsabilità del datore di lavoro.

Si deve, infatti, tener presente che il Datore può liberarsi da responsabilità civile e può dall’obbligo di risarcimento del danno dimostrando di aver adottato tutti le misure di sicurezza, i protocolli e i presidi indicati dalla legge per evitare la diffusione del Covid-19 o, anche sostenere che il contagio sia avvenuta per colpa esclusiva dello stesso che non ha sempre e con rigore osservato le precauzioni imposte quali l'uso della mascherina o dei guanti.

Non sarebbe, dunque, semplice per il lavoratore fornire la prova “al di là di ogni ragionevole dubbio” (art. 533 c.p.p.) e dimostrare la esclusiva colpevolezza del datore di lavoro e l’inesistenza di qualunque altre causa di contagio.

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