Novembre 12, 2021

Assegno divorzile dopo separazione: quando permane questo Diritto?

Quando l’ex coniuge inizia una nuova convivenza, per intraprendere un nuovo progetto di vita, ci si chiede se si conservi o meno il diritto all'assegno divorzile. Attualmente, la legge dispone che il diritto all’assegno venga meno solo nel caso in cui il beneficiario passi a nuove nozze.

Recentemente sono intervenute  sulla questione le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, fornendo alcuni importanti chiarimenti.

nuova vita

Nuova convivenza e diritto all’assegno divorzile

La legge attuale e la funzione composita dell’assegno divorzile.

La legge sul divorzio (art. 5 c. 10 legge 898/1970) stabilisce che ”l'obbligo di corresponsione dell'assegno cessa se il coniuge, al quale deve essere corrisposto, passa a nuove nozze”.

Pertanto, l’articolo citato riguarda unicamente il caso in cui l’ex coniuge contragga matrimonio e non fa alcun  riferimento alla convivenza di fatto e nemmeno si occupa della questione la recente legge 76/2016, che disciplina le convivenze e unioni civili. 

Ecco perché’ si pone il problema di stabilire se il principio della cassazione automatica dell’obbligo d corrispondere l’assegno divorzile si possa applicare automaticamente (o meno) ai casi di convivenza more uxorio e se, cessata la convivenza, torni a rivivere il diritto a percepire la prestazione periodica.

Per rispondere a questo questi è necessario però tener presente che, come ha chiarito la Corte di Cassazione  (Cass. S.U. 18287/2018), l’assegno di divorzio esplica una funzione composita:

  • assistenziale, si tratta di un sostegno economico successivo alla cessazione della convivenza matrimoniale;
  • perequativo-compensativa, ossia equilibratrice, finalizzata non già alla ricostituzione del tenore di vita esistente durante il rapporto, ma al riconoscimento del ruolo e del contributo fornito dal coniuge economicamente più debole alla formazione del patrimonio della famiglia e di quello personale dell’altro coniuge.

La sentenza della Corte di Cassazione: la nuova convivenza non determina automaticamente la perdita  del diritto all’assegno di mantenimento.

cassazioneLa Corte di Cassazione, proprio partendo dalla suddetta duplice funzione dell’assegno divorzile sopra ricordata, ha affermato che la perdita automatica del diritto all’assegno non è compatibile con la funzione compensativa cui deve assolve lo stesso assegno. 

L’assegno deve condurre ad un riequilibrio delle disparità economiche determinate createsi con lo scioglimento del matrimonio, ma non deve garantire all’ex coniuge beneficiario lo stesso tenore di vita goduto durante il matrimoni.

L’assegno divorzile deve garantire all’ex coniuge economicamente più debole mezzi di sussistenza adeguati, nel caso in cui non né disponga o non possa, per cause indipendenti dalla sua volontà,  procurarseli.

L’entità  di tale assegno deve essere determinata in base al contributo fornito dall’ex coniuge richiedente alla formazione del patrimonio familiare e dell’ex coniuge.

Fatte tali premesse, Le Sezioni Unite, hanno affermato che l'instaurazione di una nuova convivenza non comporta automaticamente e necessariamente la perdita dell’assegno divorzile.

Per questo motivo, se è fornita la prova dell’instaurarsi di una stabile convivenza, sia nel giudizio volto al riconoscimento dell’assegno, che nel giudizio di revisione delle condizioni patrimoniali, l’assegno divorzile non ha più una finzione assistenziale giacché “Il nuovo legame, sotto il profilo della tutela assistenziale, si sostituisce al precedente”. 

Viceversa, il nuovo legame non fa venire meno la componente compensativa, salvo che essa non sia già stata soddisfatta all’interno del matrimonio, con la scelta del regime patrimoniale o con gli accordi conclusi al momento del divorzio. 

Se il coniuge economicamente più debole ha sacrificato la propria esistenza lavorativa a favore della famiglia è ingiusto che perda qualsiasi diritto alla compensazione per i sacrifici fatti solo perché si è ricostruito una vita affettiva. 

Quindi, la nuova convivenza non fa perdere automaticamente il diritto all’assegno, il quale:

  • potrà essere quantificato con riguardo alla sola componente compensativa, in sede di giudizio di riconoscimento.
  • potrà essere rimodulato, in sede di revisione.

In entrambi i casi sempre purché sussista il pre-requisito della mancanza di mezzi adeguati e dell’impossibilità di procurarseli.

Naturalmente, la “sopravvivenza” della componente compensativa è subordinata alla prova del contributo dato dal coniuge economicamente più debole al patrimonio della famiglia e dell’altro coniuge.

Quando la nuova convivenza determina la perdita o la rideterminandone della misura dell’assegno divorzile.

Per verificare come la nuova convivenza abbia inciso sul diritto all’assegno, il giudice deve accertare:

  1. la stabilità della convivenza
  2. la sua decorrenza.

Infatti, mentre nel caso di nuove nozze, il diritto all’assegno cessa dal momento del matrimonio, nell’ipotesi di convivenza di fatto, occorre individuare il momento cronologico a partire dal quale si ritiene che l’ex coniuge abbia instaurato un nuovo rapporto, perché è a partire da quel momento l’onerato potrà pretendere un ricalcolo dell'ammontare dell’assegno divorzile o la cessazione dell’obbligo di versare l’assegno.

Per valutare la stabilità del legame è possibile usare come riferimento:

  • la dichiarazione anagrafica (art. 1 c. 37 legge 76/2016),
  • la presenza di figli della nuova coppia,
  • la contestazione dei conti bancari,
  • la contribuzione al ménage familiare.

In merito al contenuto della prova, il coniuge onerato del pagamento dell’assegno deve dimostrare  solo l’esistenza di una convivenza stabile, ma non l’apporto fornito da ciascuno dei conviventi alla vita familiare.

Diritto del coniuge che ha iniziato la nuova convivenza a conservare l’assegno divorzile: la prova a suo carico.

Nel caso in cui il coniuge ha instaurato una stabile convivenza  chieda l’assegno di divorzio, deve provare la mancanza dei mezzi adeguati, quando tale mancanza dipende da decisioni comuni prese durante il matrimonio, ad esempio, l’abbandono della carriera per occuparsi dei figli e favorire la crescita professionale del marito (Cass. 23318/2021).

La prova a carico del richiedente può essere fornita anche tramite presunzioni gravi, precise e concordanti.

A questo punto, il giudice dovrà:

  • accertare la misura dello squilibrio patrimoniale tra i coniugi, per stabilire se sia dipeso da decisioni comuni,
  • tenere conto della durata del matrimonio (art. 5 c. 6 legge 898/1970),
  • considerare se lo squilibrio sia stato coperto dal regime patrimoniale scelto dalla coppia (si pensi alla comunione legale dei beni che può avere incrementato il patrimonio del richiedente ed escluso la necessità compensativa),
  • valutare la presenza di attribuzioni che abbiano compensato il sacrificio delle aspettative professionali del richiedente e realizzato l’esigenza compensativa.

Assegno divorzile dopo separazione: conclusioni

L'instaurazione da parte dell'ex coniuge di una stabile convivenza di fatto, giudizialmente accertata, incide sul diritto al riconoscimento di un assegno di divorzio o alla sua revisione nonché sulla quantificazione del suo ammontare, in virtù del progetto di vita intrapreso con il terzo e dei reciproci doveri di assistenza morale e materiale che ne derivano, ma non determina, necessariamente, la perdita automatica ed integrale del diritto all'assegno.

Quando il coniuge privo di adeguati mezzi di sussistenza o incapace di procurarseli per motivi oggettivi  intraprende una stabile convivenza di fatto con un terzo, mantiene il diritto al riconoscimento di un assegno di divorzio a carico dell'ex coniuge, in funzione esclusivamente compensativa, ma dovrà fornire la prova del contributo offerto alla comunione familiare; della eventuale rinuncia concordata ad occasioni lavorative e di crescite professionale in costanza di matrimonio; dell'apporto alla realizzazione del patrimonio familiare e personale dell'ex coniuge.

Il ruolo dell'avvocato è importante proprio perché il giudice, in base alla legge vigente non può di sua iniziativa disporre un assegno temporaneo ma le le parti possono raggiungere un accordo che lo prevede. Accordo che può essere facilitato dall'intervento dei legali.

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